La forza della meditazione

iL TEMPO ESISTE'
Il tempo esiste?
9 Novembre, 2020
Conosci te stesso?
9 Novembre, 2020

Del Dott. Gianluca Bruti

Medico, Neurologo
Presidente EurekAcademy

È giunto il momento di ricomporre il puzzle attraverso i pezzi che abbiamo collezionato in occasione dei tre capitoli precedenti.

Ora ci chiederemo com’è possibile rimanere nel qui e ora, come riuscire ad accorgersi che un pensiero parassita sta occupando tutta la nostra mente, consumando tutta la nostra energia vitale.

Ci chiederemo anche che cosa significa riuscire a guardare quella parte del cervello dove si insedia quel pensiero intrusivo, come fare a spengerla riuscendo così ad accendere la parte più evoluta del nostro essere e riuscire a rimanere nell’istante vivendolo pienamente. Continueremo dunque questo lungo e affascinante viaggio nel mondo del cervello umano arricchendolo di tante altre informazioni scientifiche.

“Ogni essere umano, se incline, può essere scultore del proprio cervello”
Santiago Ramòn y Cajal, 1852-1934 anatomopatologo spagnolo, aveva intuito, attraverso i suoi studi, come le cellule si organizzano in reti, all’interno del sistema nervoso centrale.

Ebbene, aveva già intuito i concetti di neuroplasticità e di epigenetica che abbiamo già incontrato. Abbiamo già affrontato il concetto che tutta la biologia umana, tutte le cellule, non sono fisse, ma sono condizionabili, cioè modificabili, dallo stimolo ambientale. La stessa cosa accade al DNA, antenna della vita che registra gli stimoli che provengono dall’ambiente esterno e produce delle proteine che sono coerenti con la tipologia di stimolo che quella stessa cellula riceve. Questo ci consente di poter dire che nella vita tutti noi, attraverso lo studio del nostro essere possiamo effettivamente creare nuove reti neurali, in ogni fase della nostra vita, grazie ai processi che portano alla consapevolezza. Ed è proprio per questo che oggi con una parola, la parola meditazione, mi piace racchiudere tutti i concetti esposti fin qui.

Meditazione, che cosa significa?

Molti sicuramente l’hanno esercitata, o ne hanno sentito parlare. Vedremo ora dal punto di vista neurobiologico, cioè dal punto di vista del funzionamento del cervello, che cosa accade nell’organismo umano quando la si pratica. La parola meditazione viene dal latino ed è composta da due diversi verbi, meditare cioè esercitare la mente e mederi, guarire. Possiamo guarire, ci dicono, quindi, attraverso l’esercizio della mente e divenire saggi. La meditazione non è affatto una tecnica new age, ma è la capacità  innata dell’individuo di poter guarire se stesso, attraverso i processi che portano alla consapevolezza.

Nel mondo anglosassone la Mindfullness è stata standardizzata in modo scientifico. Sono stati infatti condotti degli studi di altissimo livello che ci consentono di poter dire come nel cervello umano, quando noi meditiamo introduciamo proprio il concetto di neuroplasticità e cioè trasformiamo le reti neurali e rendiamo il cervello più armonico. Abbiamo parlato del cervello uno e trino, come Dio, abbiamo detto che esistono tre diversi livelli evolutivi del cervello umano: il cervello rettiliano, il cervello limbico e il cervello neocorticale.

Non voglio correre il rischio di avervi condotto ad un concetto sbagliato e cioè che questi tre cervelli in uno debbano lavorare a compartimenti stagni, perché non è così. È proprio dall’armonia dei funzionamenti cerebrali di queste tre aree che noi ricaviamo il benessere dell’individuo e durante la meditazione, sostanzialmente noi alleniamo questo tipo di funzione, alleniamo cioè l’armonizzazione del nostro cervello.

Quante volte ci siamo trovati a leggere un libro e durante lo scorrere delle pagine ci siamo accorti di esserci persi il significato di ciò che stavamo leggendo. Dove stava la mente? La mente vagava. Esiste un circuito cerebrale che fa vagare la mente. Dal punto di vista evoluzionistico, lo abbiamo conservato perché evidentemente serve a qualcosa. Immaginiamo di trovarci di fronte ad una conferenza noiosa, ad un certo punto attiviamo una sorta di “save screen”. Come un salva schermo, che si accende quando interrompiamo l’uso del pc, così si comporta il nostro cervello.

Se ci pensiamo bene, l’uomo non inventa nulla di ciò che non sia già stato creato dalla natura. Quando una situazione non ci interessa, attiviamo un salvaschermo interno. Quando ciò che stiamo vivendo non ci appassiona o non ci piace si attivano questi circuiti cerebrali e ci consentono di poter vagare. Quando questo accade, pensiamo ad altre persone, pensiamo al passato e pensiamo al futuro, perché non c’è evidentemente interesse in quello che stiamo facendo.

Questa parte del cervello, questo circuito, ci permette di parlare di connettomica perché stiamo parlando di più aree del cervello che lavorano insieme costruendo una funzione; in questo senso parliamo di armonizzazione di funzione. Bene, questa parte del cervello ci permette di risparmiare energia. Quando è fisiologicamente funzionante fa il suo dovere, ci permette cioè di evitare un dispendio energetico troppo importante, quando siamo focalizzati su una cosa che non ci interessa. Ma quando funziona troppo, perdiamo il qui e ora, non siamo più nell’istante non lo viviamo più ed ecco che ci perdiamo i pezzi, ecco che non impariamo le pagine di storia, ecco che non riusciamo a seguire la trama di un film, ecco che non riusciamo a stare con il nostro interlocutore perché, mentre noi parliamo, siamo da un’altra parte;  quel tipo di circuito è iperfunzionante e ci fa perdere l’istante che scorre, guarda caso nello spazio in cui si trova a viaggiare.

Ed ecco che noi non stiamo più nel qui e ora, nel tempo e nello spazio delle cose che ci accadono, mentre ci accadono. Così ci perdiamo informazioni importantissime che sono appannaggio della vita, perché la vita è qui ed ora. Ma noi abbiamo la possibilità di allenare questo circuito affinché possa rimodellarsi in senso più fisiologico e quindi consentirci di riportarci nel momento presente. Che cosa accade quando mi perdo, quando cioè sto in questo mondo di “Alice nel paese delle meraviglie” per troppo tempo, mi perdo soltanto il qui e ora?

La risposta è no, non soltanto mi perdo il qui e ora, ma attivo una cascata di reazioni chimiche neurotrasmettitoriali, neuroendocrine che portano l’asse dello stress a divenire iperattivo, tanto da produrre un fenomeno subdolo di cui io non mi accorgo e che porta a stati pro-infiammatori.

Questo riduce la possibilità di essere in armonia, in quiete, in omeostasi, che è la capacità dell’organismo di mantenersi in uno stato stazionario di equilibrio. Quindi è come dire che, quando mi distraggo dal presente e la mia mente vaga, il sistema neuroendocrino dell’asse ipotalamo ipofisi- surrenalico diventa tendenzialmente più sostenuto, più alto. Questa condizione porta infiammazioni a tutte le cellule del nostro organismo, ecco perché è importante saper gestire quel circuito ed ecco perché quel circuito spesso è iperfunzionante. È questo il caso dei soggetti che hanno depressione, ansia, ma anche dei soggetti che hanno problematiche cognitive, come la demenza. La stessa condizione la ritroviamo nei soggetti che hanno difficoltà di apprendimento, come i ragazzi e i bambini che hanno un disturbo da deficit di attenzione e  di iperattività, anche tutto lo spettro autistico presenta quel circuito iperfunzionante.

Allenare quel circuito significa essere in grado, intanto di capire che cosa posso fare per cercare di individuarlo e spengerlo. Ecco che entra in gioco la meditazione e la famosa prefrontale appartenente alla neocorticale che diventa, in questa esperienza, protagonista scientificamente, fisiologicamente e terapeuticamente. Questa pratica accende la prefrontale.

Meditare significa essere proattivamente e intenzionalmente in grado di poter mettere a fuoco uno stimolo; il concetto di stimolo sia internamente al mio essere, sia esternamente al mio essere, mi sopraggiunge. Immaginate il respiro. È uno stimolo interiore. Noi abbiamo una struttura che a cavallo tra il limbico e il neocorticale, si chiama insula e ci permette di mettere a fuoco proprio il respiro e tanti altri stimoli provenienti dall’esterno e interno.

È una sorta di scanner, di radar, che ti consente di prendere lo stimolo di lavorarlo, dargli un significato sensoriale, dargli un significato cognitivo, di comprendere cioè quanto per noi sia importante proprio quello  stimolo e, una volta fatto questo, l’insula lo mette a disposizione della corteccia prefrontale.

Immaginate di stare in un momento di silenzio, tranquilli in una stanza assolutamente in quiete e di avere una voce che vi guida, invitandovi a stare sul respiro, attenti all’aria che entra e all’aria che esce, attraverso il susseguirsi dei cicli respiratori. In quel preciso istante, l’insula si accende e guarda il respiro. Questo sguardo, questa informazione manda lo stimolo proprio a livello della corteccia prefrontale e la corteccia prefrontale si allena e quando la corteccia prefrontale si allena, si allenano contemporaneamente tutte le strutture appartenenti alla reazione d’allarme, come l’amigdala. Queste si spengono e l’asse dello stress si rilassa. Si chiama “fenomeno d’inibizione dall’alto verso il basso”.

Quindi l’insula è uno scanner che interpreta lo stimolo proveniente dall’interno o dall’esterno. Lo invia alla corteccia prefrontale e lo elabora dal punto di vista della consapevolezza, che è una funzione cognitiva più alta e questo fenomeno di presenza rilassa tutte le cellule del nostro organismo.

Nel frattempo però, attenzione, vi arriveranno pensieri parassiti. Entrando nella vostra atmosfera vorranno “disturbarvi”, distrarvi dalla vostra quiete. Cosa farete in quel momento? Li scaccerete via con violenza? Assolutamente no, li accompagnerete via con gentilezza.

Li guarderete, li osserverete, li accoglierete, li accetterete, in modo “intenzionale”. Li porterete cioè, a diluirsi, ad allontanarsi per riportare il vostro essere a mantenere il fuoco attraverso l’insula sullo stimolo che state sentendo, su quello che c’è in quel momento mentre accade. Questo è un meccanismo di allenamento che crea nuova plasticità cerebrale; farlo in modo sistematico, nel corso della settimana, in modo periodico, continuativo, determina la nascita di nuovi circuiti, di nuovi schemi che vi consentiranno per l’appunto di stare nella pace e nella quiete, nell’omeostasi e nella neuromodulazione dell’asse dello stress, anche quando non sarete meditando.

Ciò si traduce in un miglioramento della performance cognitiva. Ogni volta che quel pensiero parassita, quel vagabondare della mente si esercita, voi perdete energia, tanto è vero che dimenticate le cose se non state nell’istante in cui le fate. Mentre vi mettete le chiavi in tasca non vi accorgete che lo state facendo, nell’istante successivo andate a cercare le chiavi, non le trovate guarda caso perché avete perso quel momento, non lo avete archiviato nella memoria. Le chiavi sono in tasca!!!

Bene, la meditazione ci consente di poter migliorare la vostra memoria di lavoro, la vostra attenzione sostenuta, la vostra concentrazione, la vostra focalizzazione e soprattutto vi consente di poter ridurre quest’asse dello stress che, se iperattivato, porta ad uno stato infiammatorio cronico sistemico e quindi all’innesco di malattie le più disparate.

Concludo queste riflessioni con una precisazione. Non si attiva immediatamente la capacità di meditare, non per impossibilità tecnica o per mancanza di potenzialità, ma perché magari, ci si trova in una fase della vita in cui forse non siamo predisposti ad utilizzare questa pratica per poter spegnere quel pensiero e magari hanno bisogno di altri strumenti. Ecco perché invito a non standardizzate mai le tecniche, ma piuttosto consiglio di entrare nel merito della conoscenza scientifica che sta alla base di queste esperienze. Aggiungo che porsi in una procedura in cui non si è pratici, provare a sperimentarla senza una guida, un istruttore, può essere più deleterio che virtuoso. Non ho voluto presentare la meditazione come una panacea, ma ho voluto soltanto spiegarvi, scientificamente, in che cosa consiste questo fenomeno meraviglioso.

Concludo, quindi, dicendo che… “Ognuno di noi è un genio, ma se giudico il pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, quel povero pesciolino passerà tutta la vita a considerarsi uno stupido”. Albert Einstein.

Non fate questo errore, non paragonatevi, ognuno di noi ha un dono e questi doni si esercitano per il tempo che ci è concesso.

Iscriviti